Vini falsi e anticontraffazione: le soluzioni tecnologiche che proteggono il vino made in Italy
Quando un'eccellenza mondiale come il vino italiano subisce frodi e falsificazioni per miliardi di euro sono le nuove tecnologie, come i codici QR e i tag RFID o NFC, gli strumenti migliori per fare anticontraffazione.
Dagli anni ’80, periodo in cui con l’affermazione del Brunello di Montalcino, del Barolo e del Chianti il vino italiano è diventato un’eccellenza riconosciuta a livello mondiale, le modalità di contraffazione non sono sostanzialmente cambiate: vini scadenti vengono addizionati con alcol per farli apparire pregiati, il packaging viene falsificato e i prodotti contraffatti vengono poi venduti su mercati esteri. Gli unici elementi di novità si incontrano negli strumenti dell’anticontraffazione e nei canali di vendita dei falsi; il web nero pullula infatti di siti che propongono vini a prezzi stracciati, etichette contraffatte, bottiglie pregiate vendute vuote, pronte per essere riempite e rivendute.
Cifre allarmanti: un peso sul settore
La famosa “banda del Sassicaia”, caso esemplificativo avvenuto più di una decina d’anni fa, falsificava marchi, brand di valore come appunto Sassicaia, Brunello di Montalcino e Chianti DOC; la produzione avveniva in Turchia, con etichette, tappi, carta velina e casse prodotte in Bulgaria; i destinatari erano clienti stranieri, soprattutto cinesi, coreani e russi, che pagavano i vini falsi a prezzi notevolmente scontati; l’introito mensile generato era di 400.000 euro per un totale di circa 2 milioni di euro. Questo stesso schema si ritrova in tutte le truffe scoperte negli ultimi 40 anni che hanno portato al sequestro di milioni di bottiglie per milioni di euro.
Stime del mercato nero
La quantificazione dei danni economici causati al vino italiano dalle contraffazioni e dal mercato nero è difficile a causa della mancanza di dati ufficiali. Si tratta di attività illegali di natura clandestina che sfuggono alle statistiche, le transazioni avvengono spesso in contanti e al di fuori dei canali regolari, rendendo difficile tracciare i flussi di denaro e i volumi di vendita.
L’Istat, Istituto Nazionale di Statistica, ha stimato che il mercato della contraffazione alimentare in Italia vale circa 15 miliardi di euro all’anno. Non sono disponibili però dati specifici riguardanti il vino che rappresenta una quota significativa del mercato totale. Alcuni studi di settore stimano che il mercato del vino contraffatto in Italia possa valere fino a 10 miliardi di euro all’anno mentre secondo le stime di Coldiretti il giro d’affari annuale supera i 6 miliardi. Secondo la stima di Federalimentare comunicata a Vinitaly 2024 la contraffazione dei vini italiani nel mondo (escludendo l’italian sounding) vale invece circa due miliardi, esattamente il 30% dei sei miliardi di valore complessivo delle frodi di prodotti agroalimentari. Tutte cifre ancor più preoccupanti se si commisurano il valore dell’export del vino dell’anno 2023, 7.7 miliardi.
Il vino italiano si trova dunque ad affrontare una sfida allarmante, un fenomeno subdolo che mina la reputazione del nostro Made in Italy e provoca danni economici ingenti, sia sul mercato nazionale che su quelli internazionali.
I danni d’immagine
La perdita della reputazione del settore insieme all’erosione della fiducia dei consumatori è di certo il danno peggiore nonché il più difficile e lento da recuperare. Come in altri settori risulta difficile per gli attori in campo essere lungimiranti ed avere una visione di “sistema Italia” ma la questione del danno all’intero Made in Italy, ai diversi brand e alle rinomate denominazioni territoriali non è da sottovalutare, mina la credibilità degli operatori e ostacola la promozione dei prodotti autentici.
Vanno altresì quantificati anche i costi per le attività investigative e di contrasto. Le istituzioni e le aziende investono infatti risorse significative per combattere la contraffazione, attraverso attività di controllo, sanzioni e campagne di sensibilizzazione.
Cosa si può fare
La lotta alla falsificazione del vino richiede un impegno congiunto da parte dei diversi soggetti della filiera.
L’onere principale spetta alle aziende vinicole che devono investire in sistemi di tracciabilità del vino, utilizzando tecnologie ad hoc opportunamente integrate nei propri prodotti, collaborare con le autorità per identificare e denunciare i casi di contraffazione.
I rivenditori possono invece tutelarsi acquistando da distributori fidati, consapevoli che il controllo è quanto più complesso quando si tratta di mercati esteri, magari secondari.
I consumatori dal canto loro devono sapere che l’inganno può mettere gravemente a rischio la loro salute, dal momento in cui i vini contraffatti sono prodotti con ingredienti di dubbia qualità e con metodi non sicuri. L’avvertenza per loro è dunque quella di acquistare solo da rivenditori autorizzati, diffidare di prezzi anomali perché eccessivamente bassi e verificare l’autenticità delle etichette e dei tappi.
Il compito delle istituzioni infine è quello di rafforzare controlli e sanzioni sui contraffattori, promuovere campagne di sensibilizzazione per i consumatori e sostenere la ricerca di nuove tecnologie anticontraffazione.
Le tecnologie anticontraffazione
La contraffazione avviene, come dicevamo, in primis creando un vino falso, prodotto utilizzando uve o altri ingredienti di bassa qualità, etichettandolo come se fosse un vino pregiato. Segue la falsificazione delle etichette ed in seguito l’imbottigliamento, che a volte utilizza bottiglie vuote originali altre volte falsificate.
La buona notizia è che attualmente diverse tecnologie tra cui Wineability possono aiutare nelle operazioni di contrasto alla contraffazione.
Cosa consente di fare Wineability?
L’anticontraffazione attuabile con le nuove tecnologie di Wineability si muove su tre livelli di sicurezza crescente.
Il primo prevede l’utilizzo di uno speciale codice seriale integrato nel QR code, un numero univoco che identifica la singola bottiglia. In questo caso il falsario riproduce il Qr code esistente e lo appone, sempre uguale, su numerose bottiglie. Al momento della lettura del codice con l’app avviene da parte dell’algoritmo la verifica, quello specifico seriale è stato già letto altrove? In caso negativo l’app dà la possibilità di dichiarare la proprietà unica della bottiglia ad un unico proprietario (operazione detta ownership). Se la bottiglia fosse già stata riscattata sul mercato da qualcun altro risulterebbe subito evidente.
Il secondo livello di anticontraffazione comporta l’aggiunta di un tag RFID, un chip nativamente seriale che automatizza i processi di confezionamento ed associa ad numero specifico il seriale della bottiglia. Perchè un fake sia credibile deve quindi avere questo tag applicato in etichetta nello stesso modo in cui li applica l’azienda produttrice, inoltre il numero seriale dovrebbe essere uguale a quello originale il che è impossibile. Tale frode oltre ad essere facilmente identificabile richiederebbe un impegno immane sia in termini di costi e che di sforzo tecnologico.
Il terzo livello riguarda invece il tag NFC che nella modalità di Winability non adempie solo al customer engagement ma introduce un elemento di controllo ulteriore, uno speciale tag contenente un circuito antitamper (ossia antimanomissione) che quando si cerca di rimuovere si rompe registrando l’operazione di manomissione. Questa strategia impedisce quindi il molto praticato refill, ossia lo riempimento di bottiglie originali con vino falso.
Tutte le tre soluzioni viste richiedono un ragionevolissimo investimento se proporzionato al grande vantaggio.
Un impegno per il futuro
La lotta alla contraffazione del vino è una battaglia per tutelare il nostro patrimonio enogastronomico e garantire un futuro prospero al settore vinicolo italiano. Un impegno che richiede la collaborazione di tutti, dalle istituzioni alle aziende, dai consumatori agli organi di informazione. Solo con un’azione sinergica e determinata potremo difendere l’eccellenza del vino italiano e contrastare questo fenomeno dannoso.
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